Il corteggio della regina di Saba
Pietro Marone,
1585 ca.
olio su tela, cm 154 x 96
Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo
Pietro Marone,
1585 ca.
olio su tela, cm 154 x 96
Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo
Le fonti settecentesche attestano che il dipinto si trovava anticamente nel “parlatorio delle monache” del convento di Santa Giulia: dopo la soppressione del monastero, avvenuta nel 1797, il dipinto passò alla Biblioteca Queriniana e da qui alla Pinacoteca Tosio Martinengo nel 1913, in una fase contrassegnata dalla volontà di ampliare le raccolte e di renderle più sistematiche.
Già attribuito ad Agostino Galeazzi, e a Grazio Cossali – anch’essi protagonisti della stagione postmorettesca – il quadro è oggi assegnato a Pietro Marone, sulla base della tipologia dei volti femminili con il caratteristico naso appuntito e i riccioli segnati e rilevati, personale omaggio di Marone ai modi di Paolo Veronese, che fu un punto di riferimento imprescindibile per tutta la sua prima attività.
Alla produzione giovanile dell’artista bresciano rimanda anche l’attenzione ai dettagli delle vesti, dei tappeti e dei turbanti, nonché la tipologia di alcune figure maschili. Nella figura di spalle che apre il corteo, inoltre, Marone riprende uno dei personaggi raffigurati nell’incisione di Albrecht Dürer con Cinque lanzichenecchi e un orientale a cavallo.
La ricchezza di particolari, la dolcezza degli incarnati e l’abbondanza di stoffe preziose e di gioielli fanno pensare a una committenza direttamente legata al monastero, nel quale per tradizione trovavano ricovero le discendenti delle famiglie più eminenti della città.
Il dipinto, il cui ultimo restauro risale al 1978, presentava dal punto di vista strutturale un discreto stato di conservazione, mentre per quanto concernente l’aspetto estetico evidenziava un’alterazione superficiale della pellicola pittorica dovuta alla presenza di un film protettivo ossidato che aveva assunto una colorazione ambrata; su di essa si era inoltre depositata un’evidente patina di polvere e sporco che conferiva alle cromie un’ulteriore tonalità grigiastra.
Il supporto, foderato a colla pasta, presentava solo qualche allentamento causando un’inflessione dello stesso al centro del dipinto.
L’intervento effettuato si è infatti focalizzato sulla rimozione della consistente patina di polvere e sostanze grasse depositatesi sul film pittorico nel corso degli ultimi quarant’anni e sull’asportazione del sottostante protettivo di natura resinosa, ormai particolarmente ossidato.
La godibilità dell’opera era ulteriormente compromessa dalla presenza, in corrispondenza della campitura del cielo, di residui localizzati di particellato atmosferico fortemente ingrigito e di vecchie vernici ingiallite a causa del loro naturale processo di invecchiamento.
L’operazione di pulitura, realizzata dopo un’attenta analisi diagnostica con l’ausilio di luce ultravioletta e microscopio digitale, ha permesso di esaltare la nitidezza e la lucentezza delle lacche e delle cromie cangianti e di evidenziare le numerose tracce di ripensamenti che l’artista ha manifestato in fase esecutiva.
La cromia originale è stata recuperata attraverso un intervento graduale che ha previsto la rimozione dei film soprammessi in successione e in base al loro grado di solubilità, mantenendo alcune patine di finitura, seppur alterate, ma caratterizzanti alcune specifiche campiture.
In fase di ripristino è stata mantenuta la stuccatura delle lacune di policromia realizzata nell’intervento di restauro precedente.
Dopo aver realizzato una prima verniciatura intermedia tramite nebulizzazione di una miscela a base di vernice stabile all’invecchiamento è stato realizzato il ritocco pittorico delle stuccature e delle abrasioni tramite pigmenti in polvere stemperati in vernice secondo le disposizioni della D.L.
L’intervento estetico è stato ultimato con la stesura di un protettivo finale tramite nebulizzazione di una miscela a base di vernice stabile all’invecchiamento.
Durante l’intervento di restauro è stato possibile documentare come la sostituzione del telaio, avvenuta durante il precedente restauro del 1978, abbia comportato l’ingrandimento del dipinto aumentandone l’altezza di circa 2 cm.
Le deformazioni e gli allentamenti che si manifestavano sul supporto sono stati assorbiti tramite la regolazione dei tensori metallici.
La cornice, risalente alla prima metà del XX secolo (ipoteticamente quando fu compiuto il restauro documentato del 1937), è ricavata da quattro aste di fattura industriale rifinite con argento meccato brunito e satinato. Lo stato di conservazione risultava mediocre per la presenza di patine di polvere e sudiciume che offuscavano la meccatura e per la presenza di sollevamenti e cadute dello strato preparatorio lungo i bordi perimetrali esterni, in parte già malamente reintegrati e ritoccati con polveri metalliche ora ossidate.
L’intervento manutentivo ha cercato di riportare in luce la brillantezza della foglia metallica che risultava fortemente annerita dal particellato. Dopo il consolidamento dello strato preparatorio in gesso, realizzato in corrispondenza di cadute e sollevamenti tramite colletta animale, sono stati rimossi i depositi di polvere e sporco dalla superficie meccata tramite emulsione grassa a pH leggermente basico.
Su tutte le parti lignee è stato effettuato un trattamento preventivo antitarlo con stesura a pennello di antitarlo a base di permetrina.
La superficie meccata, stuccata nelle zone di caduta, è stata reintegrata con polveri micacee stemperate in vernice stabile all’invecchiamento.